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Nascono
i castelli romani
Il
paesaggio laziale a sud e ad est di Roma è caratterizzato da borghi cinti di mura,
concentrati sulla sommità di rilievi o speroni tufacei.
Nelle zone dove l'occupazione antica era stata particolarmente fitta, questi borghi si
sovrappongono alle strutture preesistenti a cui vengono sostituendosi con un tessuto
abitativo che reimpiega i materiali dell'antico adeguandolo agli usi dettati dalle
necessità di vita e di difesa di una piccola comunità. Il territorio viene ristrutturato
in forme la cui persistenza avrà un peso determinante sulla storia politica ed economica
successiva.
Alla fine dell'undicesimo
secolo, quando Roma riacquista, con la Riforma della Chiesa, la funzione di centro
universale della cristianità, la libertà della Chiesa dai condizionamenti locali diventa
una necessità imprescindibile e non può che passare attraverso la sovranità assoluta
sul Patrimonio di S.Pietro. Come osserva l'urbanista Luigi Piccinato:
"se da un lato il papato aveva raggiunto questo possesso quale eredità del
patrimonio imperiale e lo chiamava ducatus, dall'altro lato il Praefectus l'aveva assunto
con l'investitura del Senato quale zona prefettizia. Di qui la feconda lotta tra il Duca e
il Praefectus, cioè tra il Papa ed il Comune democratico: il primo teneva all'influenza
morale e politica, il secondo mirava a quella economica e fiscale. In questo dualismo è
da vedere proprio il terreno propizio per lo sviluppo di quelle iniziative contadine che
portarono alla fondazione delle nuove comunità ed al loro affrancamento".
Di qui nacquero quelli che lo storico della campagna romana, Gíuseppe Tomassetti, chiamò
i "comuni feudali", ossia non del tutto liberi, ma derivati dal feudo,
liberatisi per spontanea capitolazione e che furono costantemente sorretti dal Comune di
Roma.
Nel dodicesimo secolo si
ebbe una grande attività ricostruttiva, sia a Roma, sia nella campagna che nelle piccole
città che rivendicavano una propria identità e una propria sfera di influenza. Nel corso
del tredicesimo secolo il sistema di rapporti feudali, che papa Innocenzo III (1198-1216)
aveva imposto ai castelli fortificati della campagna, si rivelò insufficiente a garantire
il diritto dello Stato Pontificio contro le tendenze centrifughe dei nobili locali, sui
quali facevano leva gli imperatori nelle fasi più gravi delle loro lotte con il papato.
Le famiglie feudali, con acquisti o usurpazioni, distribuirono i loro possessi in modo da
assicurarsi il controllo delle comunicazioni.
Come riferisce il Tomassetti, nel territorio romano c'erano tanti castelli e feudi
baronali quanti in nessuna altra parte del mondo. Di conseguenza il sistema feudale,
chiuso nelle rigide strutture dei centri castellari, ormai in contrasto con la crescita
demografica, con le esigenze di rinnovamento delle città e con l'istanza di un potere
centralizzato, si trascinò lungamente, in una continua lotta intestina, sconvolgendo,
senza modificarlo, l'assetto del territorio. Roma, ridotta a soli 17 mila abitanti,
durante l'assenza dei papi nel periodo avignonese (1305-1377), vide il territorio della
sua provincia frazionato secondo le diverse sfere d'influenza: i Colonna, discendenti dei
Conti di Tuscolo, distribuirono i loro possessi dai confini con l'Abruzzo ad Anzio, i
Savelli sui Colli Albani. A sud e ad est di Roma il Patrimonio di S.Pietro divenne un
aggregato eterogeneo dominato dalle lotte per i confini e per i passi.
Con la ricomposizione dello Stato centrale, la provincia di Roma rientra nell'orbita della
capitale.
"Ma la campagna di Roma, conquistata la propria economia agricola-osserva
Piccinato-continuerà a vivere per sei secoli, fino ad ora, la sua stessa vita medievale,
e anche oggi è organica e spontanea. Se vogliamo guardare alla Roma del medioevo dobbiamo
misurarla dalla vita della campagna romana".
A testimonianza della colonizzazione del territorio romano sono rimasti ancora vitali tre
tipi principali e caratteristici di comunità: i grandi casali, le piccole comunità
feudali, le cittadine agricole. I casali, che un tempo erano castelli, tenimenta, torri,
servirono e servono alla conduzione di una tenuta. Le comunità feudali, come San
Vittorino ad esempio, costituiscono dei piccoli embrioni di paesi ad economia curtense e
servono alla conduzione di vasti fondi feudali. Le città agricole (ne sorsero ben 57 nel
medioevo) rappresentano infine l'espressione di una più ricca e complessa funzione e
finiscono per tradursi da feudo in libero comune, conservando e arricchendo l'antica
struttura economica. |